Economia

Pensioni, la doccia fredda di inizio anno: quanto ti viene tolto da gennaio

Brutte notizie pensionatiBrutte notizie per i pensionati italiani - (100news.it)

Dal 2026 la rivalutazione delle pensioni sarà parziale per gli assegni più alti: ecco come cambiano le fasce e quanto si perde

Con l’inizio del nuovo anno, la rivalutazione delle pensioni subirà modifiche importanti che incideranno in modo significativo sul potere d’acquisto degli assegni previdenziali. L’adeguamento automatico degli importi pensionistici all’inflazione, noto come perequazione, è un meccanismo fondamentale per contrastare la perdita di valore reale delle pensioni dovuta all’aumento del costo della vita.

Tuttavia, per il 2026, come da decreto interministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, la rivalutazione sarà parziale per gli assegni più elevati, comportando una diminuzione del potere d’acquisto per molti pensionati.

Quanto si perde con la rivalutazione 2026: gli impatti economici

A partire dal cedolino di gennaio 2026, le pensioni saranno rivalutate dell’1,4%, percentuale calcolata dall’ISTAT in base all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo registrato nel 2025. Questo aumento, tuttavia, sarà applicato in modo differenziato a seconda dell’importo della pensione.

Rivalutazione, soldi persi

Quanto si perde con il nuovo calcolo? – (100news.it)

Il tasso pieno, pari all’1,4%, sarà garantito solo sulla parte di assegno fino a quattro volte il trattamento minimo, che per il 2025 è fissato a 603,40 euro mensili, quindi fino a 2.413,60 euro lordi mensili. Per la quota di pensione compresa tra quattro e cinque volte il trattamento minimo (da 2.413,60 a 3.017 euro), la rivalutazione sarà ridotta al 90% del tasso ufficiale, ossia all’1,26%. Sopra la soglia di cinque volte il trattamento minimo (oltre 3.017 euro), la rivalutazione sarà ulteriormente ridotta al 75%, pari a un aumento dell’1,05%.

Questo sistema di rivalutazione progressivamente decrescente comporta una perdita effettiva per i pensionati con assegni più alti. In pratica, chi percepisce oltre 2.413,60 euro mensili subirà una rivalutazione parziale che non compenserà integralmente l’inflazione, causando una svalutazione reale della pensione e una riduzione del potere d’acquisto.

Secondo i dati ufficiali, la perdita mensile e annuale aumenta con la dimensione dell’assegno pensionistico. A titolo di esempio:

  • Chi percepisce una pensione di 2.700 euro lordi al mese subirà una perdita mensile di circa 0,40 euro, che si traduce in una perdita annua di circa 5,20 euro considerando le 13 mensilità.
  • Per una pensione da 3.500 euro, la perdita mensile sale a 2,54 euro, ovvero 33,02 euro l’anno.
  • Chi ha un assegno da 6.000 euro lordi al mese dovrà mettere in conto una perdita di circa 11,29 euro mensili, corrispondente a un taglio annuo di circa 146,77 euro.

Parallelamente alle novità sulla rivalutazione, resta centrale il tema del pensionamento anticipato, che nel 2025 offre diverse opzioni per i lavoratori che vogliono uscire prima dal mondo del lavoro rispetto alla pensione di vecchiaia, fissata a 67 anni con almeno 20 anni di contributi.

Le formule di pensione anticipata variano in base a età, contributi e condizioni lavorative e personali:

  • La pensione anticipata ordinaria richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con una finestra di attesa da 3 a 4 mesi a seconda del settore.
  • La pensione anticipata contributiva è accessibile a 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma con un requisito minimo di importo pensionistico (1.616,07 euro mensili nel 2025).
  • La pensione anticipata per lavoratori precoci, con almeno 41 anni di contributi e condizioni particolari come lavori gravosi, disoccupazione o invalidità, prevede finestre di attesa ridotte.
  • Il meccanismo noto come “Quota 103” permette l’uscita anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contributi, ma con limiti sull’importo massimo dell’assegno.
  • Opzioni specifiche come l’Opzione Donna e l’APE Sociale offrono ulteriori possibilità, ma con requisiti stringenti legati a età, contributi e condizioni personali.

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