Una recente sentenza del Tribunale ha rivoluzionato le regole relative alla manutenzione di queste aree nei condomini.
La sentenza recente di Castrovillari ha stabilito che anche le spese per aree verdi di proprietà esclusiva possono gravare su tutti i condòmini se tali spazi contribuiscono al decoro architettonico dell’edificio.
Questo pronunciamento, datato 5 dicembre 2025 e riportato nella sentenza n. 1994, introduce un importante principio di responsabilità collettiva in materia condominiale, con implicazioni concrete per molti proprietari di immobili.
Il decoro architettonico come criterio per la ripartizione delle spese condominiali
Nel caso esaminato, una condomina aveva impugnato una delibera assembleare che imponeva a tutti i condòmini di contribuire alle spese di manutenzione di giardini privati, contestando sia la legittimità di far pagare spazi non comuni, sia la presunta sproporzione tra i costi per aree private e quelli relativi al verde comune.
Il Tribunale ha chiarito che la partecipazione alle spese condominiali non si basa esclusivamente sulla proprietà comune, ma sull’utilità e sull’impatto che tali spazi hanno sull’intero edificio.
In particolare, i giardini di proprietà privata possono rappresentare componenti fondamentali per il decoro architettonico e quindi giustificare una spesa ripartita tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà, in conformità agli articoli 1123 e seguenti del Codice Civile.

I dettagli da conoscere – 100news.it
Questa interpretazione si riallaccia a precedenti orientamenti della Cassazione civile, come le sentenze n. 22573 del 2020 e n. 3666 del 1994, oltre a quella del Tribunale di Roma n. 30798 del 2018, ribadendo che la funzione estetica e strutturale di piante e giardini può legittimare il coinvolgimento economico collettivo anche se l’area è di proprietà esclusiva.
Differenza tra nullità e annullabilità delle delibere: una questione di legittimità
Un punto focale della sentenza riguarda la distinzione tra delibere nulle e annullabili. Il Tribunale ha sottolineato che sono considerate nulle solo quelle delibere prive di elementi essenziali o che violano norme imperative, ordine pubblico o buon costume.
Diversamente, le delibere che infrangono regolamenti o leggi ma non in modo grave sono annullabili e richiedono un’azione giudiziaria nei tempi e modi stabiliti dall’articolo 1137 del Codice Civile.
Nel caso specifico, la condomina aveva diritto a impugnare la decisione nonostante avesse acquistato l’immobile dopo l’assemblea delibera, seguendo il principio affermato dalla Cassazione nel 2007 secondo cui la legittimazione si valuta al momento della domanda. Tuttavia, il Tribunale ha confermato la piena legittimità della delibera, che non ha modificato criteri legali né violato il regolamento condominiale.
L’onere della prova e la legittimazione delle contestazioni
Un ulteriore aspetto evidenziato riguarda l’onere di provare le proprie contestazioni da parte di chi impugna una delibera. La condomina lamentava uno squilibrio nella ripartizione delle spese tra giardini privati e aree comuni, ma non ha fornito prove concrete a sostegno di tale affermazione.
Di conseguenza, il Tribunale ha rigettato la sua domanda, confermando che la documentazione prodotta dimostrava come i giardini in questione contribuissero effettivamente al decoro architettonico dell’edificio, giustificando così la ripartizione delle spese condominiali.
La sentenza ha inoltre condannato la parte attrice al pagamento delle spese processuali, stabilite secondo i parametri minimi del Decreto Ministeriale 55 del 2014.
Questo pronunciamento riafferma il potere dell’assemblea condominiale di deliberare spese anche su beni di proprietà esclusivapurché vi sia un chiaro legame con l’interesse comune dell’edificio, mantenendo comunque aperta la possibilità di contestazioni, a condizione che siano supportate da prove documentate.
Le reazioni delle associazioni e le prospettive future - 100news.it






