L’edilizia è in stallo: le case non si vendono, ma i prezzi non scendono. Colpa di un intreccio d’interessi tra banche e costruttori. Sul numero di giugno di Altreconomia anche due reportage dalla Siria e dalla Repubblica del Congo, dove Eni vorrebbe sfruttare giacimenti di sabbie bituminose
di giugno di Altreconomia
La Siria fa notizia solo in occasione degli attentati, l’ultimo dei quali -a fine maggio- ha provocato una trentina di morti. Un’inviata di “Altreconomia” è stata nel Paese del Medio-Oriente, e l’ha attraversato da Damasco ad Homs. La “guerra” ce la racconta la gente comune, dai profughi irakeni di Damasco alle suore del monastero di Qâra.
Cittadini e attivisti che sanno bene -come i centri studi degli Stati Uniti- che le risorse di gas nel sottosuolo sono il motore dell’attenzione dell’Occidente verso il Paese.
Nelle foresta fluviale della Repubblica del Congo ci sono riserve di petrolio per 2,5 miliardi di barili. Il greggio, però, non è nel sottosuolo: Eni pensa di ricavarlo raffinando le sabbie bituminose in un’area di 1.800 chilometri quadrati, in piena foresta equatoriale. La concessione copre infatti lo 0,5% della superficie del Paese africano. Eni, con i giacimenti già attivi, realizza il 30% del prodotto interno lordo del Paese africano; l’impresa italiana è di gran lunga il primo contribuente del Paese, con il 35% delle entrate fiscali. Per questo è molto difficile l’attività di protesta di ambientalisti e comitati locali, quelli incontrati da Stefano Liberti per “Altreconomia”.
700mila abitazioni costruite negli ultimi dieci anni e ancora invendute. Ma, nonostante questo, i prezzi (+ 25% al netto dell’inflazione tra il 2004 e il 2011) non accennano a scendere. Ecco perché la bolla immobiliare è dietro l’angolo.
Intanto l’industria delle costruzioni e le banche, sempre più in difficoltà nel gestire l’enorme indebitamenti dei primi -172 miliardi di euro a fine 2011, ben 42 in più rispetto a fine 2009-, provano ad inventare un “mercato parallelo”, quello dell’edilizia sociale. Un fondo ad hoc, gestito di Cassa depositi e prestiti, Abi e Acri (fondazioni), ha raccolto oltre 2 miliardi di euro, e sono in rampa di lancio progetti per 15mila alloggi di social housing; che nonostante l’enorme patrimonio pubblico e privato da recuperare, per il 79% saranno nuovi interventi. Case, poi, che per il 65% saranno messe in vendita, e non affittate a canone calmierato.
A Rimini c’è chi paga 300 euro al mese per riscaldare un appartamento, perché le tariffe del “teleriscaldamento” non sono regolate da norme precise. Per questo l’Antitrust ha aperto un’indagine conoscitiva, anche perché le aziende stanno investendo -anche grazie a un sostegno pubblico- per potenziare una rete di oltre 2.700 chilometri, diffusa principalmente nel Centro-nord.
Il caso di A2a, che in questo settore ha realizzato ricavi per 192 milioni di euro nei primi tre mesi del 2012, e vorrebbe potenziare la propria rete realizzando un “tubone” di 30 chilometri per portare a Milano il calore prodotto a Cassano d’Adda. Un intervento finanziato per 95 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti, ma che alcuni studi europei mettono in discussione: troppi chilometri, e un forte rischio di dispersione del calore.
In vista del vertice Onu sullo sviluppo sostenibile, in programma a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno, Altreconomia intervista Olivier de Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all’alimentazione. È possibile mettere mano a un modello di sviluppo che crea povertà e disastri naturali? “Servono regolamentazione, trasparenza, equità e pari opportunità”. Altreconomia seguirà in diretta il vertice di Rio sul blog www.altreconomia.it/clima
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